Il contratto di fornitura di servizi in outsourcing
Come già ampiamente descritto in un precedente articolo, l’outsourcing è una scelta strategica importante per le imprese, soprattutto in mercati sempre più competitivi come quelli di oggi.
Si tratta di una particolare strategia di organizzazione aziendale che trasferisce a fornitori esterni selezionati le attività secondarie (c.d. middle management) di una impresa per concentrare al meglio le proprie risorse sulle attività principali (c.d. core business).
Per maggiori informazioni, si veda: https://solutionservicesrl.it/che-cos-e-l-outsourcing/
In Italia, la Corte di Cassazione ha definito l’outsourcing come “il fenomeno che comprende tutte le possibili tecniche mediante cui un’impresa dismette la gestione diretta di alcuni segmenti dell’attività produttiva e dei servizi che sono estranei alle competenze di base” (Cass. 6 ottobre 2006, n. 21287).
Lo schema contrattuale che maggiormente viene preso a modello è senza dubbio il contratto di appalto, nella particolare forma di appalto di servizi (art. 1677 c.c.).
Questa tipologia contrattuale prevede che l’appaltatore assuma nei confronti del committente un’obbligazione che non comporta la produzione di un nuovo bene, né la trasformazione di uno esistente, ma il compimento di un’attività o la prestazione di un servizio. Si definisce anche appalto-somministrazione e vi si applicano le norme del codice civile dei contratti di appalto e di somministrazione. Tuttavia, le obbligazioni a cui sono tenuti i soggetti coinvolti sono molto più ampie e dunque viene inquadrato tra i contratti atipici, riconosciuti dall’ordinamento ai sensi dell’art. 1322, co. 2 c.c.
Intermediazione e interposizione di manodopera
Esistono altre forme di terziarizzazione di attività come ad esempio l’intermediazione e l’interposizione, la cui natura rimane tuttavia differente dall’outsourcing.
L’intermediazione è il fenomeno di mediazione per l’incontro di domanda e offerta nel mercato del lavoro, per il collocamento di soggetti in cerca di impiego. È essenziale che l’intermediario non tragga vantaggio economico per la mera intermediazione a discapito del futuro lavoratore.
L’interposizione è invece il fenomeno per cui un soggetto terzo fornisce i propri dipendenti ad un’altra impresa dietro compenso.
Tuttavia, è possibile che all’interno di questi rapporti trilaterali possa annidarsi il rischio di operazioni illecite ed elusive dei regimi di tutela dei diritti dei lavoratori.
Questo può accadere, come nel caso del fenomeno del c.d. caporalato, quando un soggetto ingaggia personale per conto di una impresa, trattenendo un onere come compenso per il mero servizio di mediazione reso. Questo si configura come reato in forza dell’art. 603bis del Codice Penale.
Nel caso invece di illiceità di interposizione, essa si verifica nei casi in cui la fornitura di personale sia fittizia o l’utilizzo dei lavoratori illegittimo.
La normativa a tutela
Negli anni ‘60 era in vigore un regime di monopolio pubblico del collocamento e dunque l’intermediazione e l’interposizione di manodopera in forma privata erano vietate in forza della legge n. 1369/1960.
Con l’evoluzione dei mercati nazionali e internazionali tuttavia, la crescente necessità di sbloccare la stagnazione produttiva e di prevedere forme contrattuali più adatte ha portato all’approvazione della legge n. 196/1997. Questa legge introdusse, oltre al lavoro interinale, le prime modifiche al divieto di intermediazione e interposizione. La rigida regolamentazione venne alleggerita e queste forme non furono più considerate come illecite a priori ma solo in dipendenza della natura illegittima o legittima dell’intermediario.
Soltanto più tardi, con il decreto legislativo n. 276/2003 venne abrogata la legge n. 1369/1960 portando definitivamente ad una liberalizzazione delle forme di decentramento produttivo e di esternalizzazione del lavoro.
La figura del preposto
Ulteriori normative sono state promulgate in favore della ristrutturazione dell’apparato giuridico di riferimento (d.lgs. 81/2015, 8/2016 e L. 199/2016) ma l’innovazione di maggior interesse è stata l’introduzione della figura del “preposto”.
Questa figura è di fondamentale importanza per la garanzia di tutela dei diritti dei lavoratori e della massima trasparenza dei rapporti di partenariato tra aziende coinvolte. Si occupa infatti di gestire i rapporti tra azienda outsourcer ed outsourcee. I responsabili operativi si rivolgono a questa figura nell’indirizzare le attività dei dipendenti. Il preposto deve essere adeguatamente formato e fornito dall’outsourcer, a garanzia di una presenza costante sul luogo di lavoro, monitoraggio degli interventi, coordinamento delle attività, trasferimento di expertise e know-how.
In conclusione dunque, è possibile affermare che la principale caratteristica – e anche garanzia di tutela – di una forma contrattuale di outsourcing rispetto a forme più rischiose risiede nella stessa definizione fornita dall’art. 1665 c.c.
Secondo questo articolo, il contratto di appalto “si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”.